martedì 28 febbraio 2012

Baby's in Black

Rispolvero il blog tristemente lasciato a morire. Mille e più di mille volte avevo voglia di scrivere qualcosa ma mi sono sempre bloccata prima per mancanza di voglia\tempo o per dimenticanza delle perle di saggezza che ero intenzionata a dire.
 

Questo fine settimana sono andata alla Mantova Comics, una convention di fumetti che, vi stupirete a saperlo, è ospitata a Mantova. 
Forse perchè il posto è un po' inculato e chi arriva in treno si trova spaesato, forse perchè le corrirere hanno un servizio pessimo e forse perchè c'è zero cartello che spieghi dove sia il posto, fatto sta che per questo ed per il fatto che "Mantova" non suggerisca nulla all'orecchio della gente di fuori, finisce sempre che questa fiera sia dai più trascurata e messa da parte. Ciò è un peccato, perchè da milanese abituata alle varie Fumettopoli e alle Cartoomics da quando avevo 12 anni vi posso garantire che è piccola ma vanta un'organizzazione studiata bene, favorita forse dal flusso relativamente modesto della gente che ne varca la soglia.

Ma la cosa che più mi piace di questa fiera è che è divisa abbastanza bene tra publishing e  merchandising, inoltre si da un buono spazio al fumetto occidentale e mi piace cercare qualche chicca poco conosciuta che mi ispiri a primo impatto e che mi spinga a comprarla.


Uno di questi è stato Baby's in Black di Arne Bellstorf, che mi ha subito rapita per quel disegno grezzo, scuro e contrastato.

 Mi piace come la matita grassa, il carboncino dia l'atmosfera all'opera e come renda subito solo da quello lo stato d'animo della Germania degli anni '60, figlia di tante umiliazioni e con un muro che ancora da lì fino alla fine degli '80 avrebbe influenzato gran parte delle correnti di pensiero e la vena artistica della musica e dell'arte del periodo.
Ma qui la storia non si sofferma su questo, ma da una chiave di lettura tenera e forse un po' asettica e riassuntiva della love story tra Astrid Kirchherr e Stuart Sutcliffe, il quinto Beatles.
Sì perchè la storia parla dei primi anni di carriera dei Beatles, quando suonavano ad Amburgo e quando lo charme del gruppo era tenuto alto da Pete Best, il batterista prima di Ringo, e dal bassista Stuart Sutcliffe, guardacaso gli unici propriamente "carini" che abbiano mai militato nella formazione del gruppo di Liverpool.


Astrid è una giovane fotografa "esistenzialista", una corrente di pensiero francese che cotraddistingueva molti giovani dell'epoca. Pete la incontra nel localaccio dove suona con gli altri Fab Four e sono subito attratti l'uno dall'altra. Da qui nascono le ambizioni e i tentativi di restare con lei ad Amburgo a studiare arte, dicendo addio alla carriera da Beetle che lo avrebbe fatto entrare nella storia.


Il mio riassunto è vago e ristretto perchè per chi non conosce la storia primoridiale dei Beatles mi spiace rovinargli la scoperta dei primi anni di concerti del gruppo e di come la storia è andata allora. Fatti e persone sono tutte o quasi realmente esistite e romanza come si è sviluppata la vicenda e la loro tormentata storia d'amore. Secondo me è un fumetto che racchiude una certa poesia data prevalentemente dall'uso pesante e grottesco della matita che non dall'espressività del disegno, dei gesti o dai testi stessi. Il tutto risulta molto statico e sempre sospeso in una sorta di non-tempo che però forse rende bene la freddezza e la tensione della Germania del periodo. Una note dolente alla traduzione italiana che sinceramente non mi piace. Originariamente i dialoghi sono tutti uno scambio tra tedesco ed inglese e chi fosse preparato su entrambe le lingue se lo gusterebbe bene leggendolo in lingua originale. Capisco i limiti nel tradurlo in italiano, ma qui a parte quando cantano i Beatles è tutto tradotto in italiano, lasciando alla pura intuizione del lettore le difficoltà nel comprendersi, in quanto il gruppo di Liverpool parla solo in lingua inglese. Ad inizio pagina c'è un trafiletto che spiega che in accordo con l'autore le frasi in inglese sarebbero state contraddistinte con un << >> che evidenziasse i dialoghi, le restanti frasi sono da immaginarsi come scritte in tedesco. Certamente è stato adottato un metodo bizzarro ma che non mi soddisfa, avrei preferito che almeno l'inglese fosse tenuto così com'era per far sentire il lettore straniato come si sente Astrid. Come chiave di lettura avrebbe avuto più senso, alla fine si poteva riportare la traduzione sotto. Per questo penso che appena potrò me lo comprerò in lingua originale anche.

Per il resto lo consiglio perchè rimane un documento interessante sulla cultura degli anni '60 e si incentra, come spesso accade, sui "dietro le quinte" e su tutti quei personaggi da non dimenticare che hanno lavorato alla costruzione di qualcosa di più grande, ma che quasi nessuno lo sa i ricorda i loro nomi.
P.S. Sapete che se i Beatles non fossero passati per Amburgo molto probabilmente il famoso "mop top haircut", il loro taglio di capelli entrato nella storia, non sarebbe ricordato ancora adesso con tanta influenza?